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22 Febbraio 2017Casa all’asta: una volta avvenuta l’aggiudicazione all’offerente, il giudice non può più sospendere la procedura e revocare l’aggiudicazione stessa.
Nell’ipotesi in cui la casa sia andata all’asta ed in presenza di un offerente, è possibile far revocare l’assegnazione dell’immobile una volta che, ormai, sia intervenuto già il provvedimento del tribunale che dispone il trasferimento della proprietà? Il dubbio se l’è posto più di un giudice. E questo perché c’è una norma nel nostro codice di procedura civile che sembra offrire risposta positiva. Secondo tale disposizione, una volta avvenuta l’aggiudicazione della casa pignorata al miglior offerente e intervenuto il versamento del prezzo da parte di quest’ultimo, il giudice dell’esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto. Tutto, quindi, sembra far pensare a una sorta di diritto di ripensamento, da parte del tribunale, una volta che la vendita sia già avvenuta. E tale, del resto, è stata la soluzione offerta dalla Cassazione in epoca ormai remota.
La Corte, però, ha già da tempo superato questa interpretazione fornendone una totalmente diversa, ribadita con una sentenza pubblicata questa mattina. Secondo i giudici supremi è possibile revocare la vendita della casa andata all’asta solo se ci si accorge che la procedura ha subito delle interferenze indebite, anche di natura criminale.
Per tornare al quesito di partenza: se la casa è pignorata non è possibile revocare l’aggiudicazione se il prezzo di vendita è risultato troppo basso. E ciò in quanto la norma del codice di procedura civile che abbiamo citato sopra è stata riscritta dal decreto legge antimafia del 1991: tale legge aveva come obiettivo quello di evitare di far finire gli immobili agli offerenti quando la procedura ha subito delle “illecite interferenze” di tipo criminale, incidendo sull’offerta o sulla stessa stima; è dunque escluso che la vendita possa essere sospesa soltanto per la notevole sproporzione rispetto al prezzo di mercato del bene.
Il giudice dell’esecuzione ha un potere eccezionale di sospendere la procedura di aggiudicazione dell’immobile solo qualora abbia elementi certi per ritenere che la discordanza tra il valore di mercato del bene e il prezzo di aggiudicazione sia dovuto a illeciti fattori devianti o a illecite interferenze nel procedimento di vendita. Del resto scopo del pignoramento immobiliare è quello di realizzare l’interesse del creditore a recuperare – in tutto o in parte – quanto dovuto, e quindi non quello di assicurare il miglior prezzo di realizzo potenzialmente ricavabile dalla vendita. La vendita, quindi, va avanti anche in caso di una notevole discordanza tra il valore di mercato e il prezzo di aggiudicazione.
La Corte ribadisce che «il potere di sospensione della vendita, disciplinato dal codice di procedura civile, è un potere eccezionale conferito al giudice dell’esecuzione non in tutti i casi in cui il prezzo di aggiudicazione risulti sensibilmente inferiore al valore di mercato, ma solo per ipotesi particolari, accomunate dalla alterazione delle regole di legittima determinazione del prezzo stesso; di conseguenza il suo esercizio deve avvenire con cautela, per evitare che lo stop al pignoramento si trasformi in una decisione arbitraria del magistrato, a danno del creditore».
Quando è possibile revocare la vendita a un prezzo troppo basso?
La Cassazione ha indicato quali sono gli specifici casi in cui il giudice può sospendere la vendita dell’immobile “andato all’asta”. Ciò avviene:
- se si verificano fatti nuovi successivi all’aggiudicazione;
- se emerge che nel procedimento di vendita si siano verificate interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, ivi compresa la stima stessa;
- se il prezzo fissato nella stima posta a base della vendita è stato il frutto di malafede scoperta dopo l’aggiudicazione;
- se vengono prospettati, da una parte del processo esecutivo, fatti o elementi che essa sola conoscenza prima dell’aggiudicazione, non conosciuti né conoscibili dalle altre parti prima di essa, purché costoro li facciano propri, adducendo tale tardiva acquisizione di conoscenza come sola ragione giustificativa per l’esercizio del potere del giudice dell’esecuzione.