Quando si può vietare l’accesso in casa
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19 Febbraio 2018Chi costruisce sul terreno di un’altra persona, sia che lo faccia consapevolmente o per errore (in buona fede), perde la proprietà di ciò che ha costruito. È questa la sintesi di un meccanismo del codice civile chiamato accessione e di cui non sempre il cittadino comprende il significato. Ovviamente ci sono poi “casi e casi”, le eccezioni e le varie specificazioni di cui ci occuperemo in questo articolo. Cercheremo, in particolare, di spiegare che succede a costruire sul terreno altrui. Un fenomeno tutt’altro che raro: si pensi al caso di marito e moglie che costruiscano casa sul terreno di cui uno dei due era proprietario già prima del matrimonio o che ha ricevuto, dopo le nozze in donazione o in eredità (e che pertanto non è caduto in comunione dei beni); in questo caso, ad esempio, la proprietà dell’immobile resta del titolare del fondo. Ma si pensi anche all’ipotesi di una persona che, leggendo male le mappe catastali, edifica per errore una parte di costruzione sul terreno del vicino confondendolo con il suo. Ma procediamo con ordine e vediamo cosa succede se si costruire sul terreno altrui.
Se è il proprietario del terreno a costruire sul proprio fondo
Partiamo da principio. Il proprietario di un terreno acquista la proprietà di qualsiasi costruzione o opera che egli stesso realizza sopra o sotto il proprio suolo. È questa la cosiddetta accessione. Il codice civile stabilisce che «Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo (…)». L’utilità di questa norma non va sottovalutata. Immaginiamo di essere proprietari di un terreno su cui facciamo costruire una casa. Volendo successivamente venderla, come potremmo dimostrare – in assenza di un atto di provenienza – che è nostra? Per il terreno, probabilmente, avremo un contratto di acquisto da esibire come prova, ma per la palazzina no. Come risolvere il problema? Per questo interviene il codice civile che, con la norma appena citata, ci consente una facilitazione: ci basterà provare di essere proprietari del terreno per essere considerato anche proprietari – per accessione – anche della costruzione che vi è incorporata.
Se a costruire è una persona diversa dal proprietario del terreno
L’accessione non opera solo nel caso in cui a costruire la casa (o a realizzare una piantagione) sia il proprietario del terreno, ma anche un terzo estraneo. Difatti, il proprietario del terreno diventa proprietario della costruzione o opera edificata sopra o sotto il suo anche nel caso in cui questa sia realizzata da un terzo. Ciò sempre salvo che non risulti diversamente da un atto pubblico: è il caso ad esempio del proprietario che concede il diritto di superficie ad un terzo, consentendogli cioè di costruire sul proprio terreno. In tal caso il terzo costruttore rimane proprietario solo della casa e non del terreno. Si pensi, ad esempio, a una persona proprietario di un fondo che dà a una ditta il diritto di costruire su tale fondo una palazzina in cambio di un appartamento; se per qualsiasi ragione l’edificio dovesse perire, il terreno resta nella disponibilità dell’originario proprietario.
Se marito e moglie costruiscono casa sul terreno di proprietà di uno dei due
Uno dei casi tipici di accessione sulla costruzione realizzata da terzi si verifica in famiglia. Immaginiamo una coppia, marito e moglie, in comunione dei beni, che intenda costruire una casa su un terreno di cui uno dei due – la moglie ad esempio -era proprietario da prima del matrimonio o che, dopo le nozze, ha ricevuto in donazione o in eredità. Il terreno non cade nella comunione dei beni e quindi resta di proprietà esclusiva del coniuge. Cosa succede alla casa realizzata sopra tale terreno con i soldi di entrambi? Anche la costruzione entra nella proprietà del titolare del terreno, benché all’edificazione vi abbia contribuito economicamente l’altro coniuge. Quest’ultimo tutt’al più potrà chiedere – in caso di divorzio – un rimborso per le spese sostenute.Tale principio è stato confermato anche dalla Cassazione: nel caso in cui i coniugi facciano costruire (con finanze di entrambi) un fabbricato su terreno personale di uno solo dei coniugi il fabbricato diviene, per accessione, di proprietà esclusiva del coniuge proprietario del terreno e, quindi, non ricade in comunione. L’altro coniuge ha però diritto di ottenere la restituzione di quanto eventualmente speso per la costruzione, a condizione che lo possa provare. Resta ferma la possibilità per i coniugi comunque di stipulare un atto pubblico in cui prevedano diversamente e facciano entrare in comunione l’immobile così costruito o lo attribuiscano in proprietà dell’altro coniuge non titolare del fondo.
Se una persona sconfina per errore nel terreno altrui
Immaginiamo ora l’ipotesi di una persona che, per errore – e quindi in perfetta buona fede – magari perché legge male le mappe catalisi, costruisce una parte della propria casa sul terreno altrui. In pratica, sconfina di qualche metro. Che succede in queste ipotesi? Non si potrà mica pretendere che una parte dell’immobile sia di proprietà del titolare di un terreno e l’altra di proprietà del vicino! Bisogna trovare una soluzione che contemperi entrambe le esigenze. In tal caso il codice civile ha previsto la cosiddetta accessione invertita. Succede questo:
- il proprietario del terreno che è stato occupato abusivamente ma in buona fede può, entro massimo tre mesi dall’inizio della costruzione, chiedere la rimozione; il che consente al costruttore di correre subito ai ripari senza danni irrimediabili;
- se fa decorrere questo termine senza agire, il proprietario della costruzione potrà chiedere al giudice di diventare proprietario anche del terreno occupato in buona fede, ma dovrà pagare al titolare del fondo due volte il suo valore, più l’eventuale risarcimento del danno. Come si vede, l’acquisto della proprietà non è automatico ma subordinato a una causa;
- l’occupante tuttavia deve fornire la prova della propria buona fede che, in questo caso, contrariamente alla regola generale, non può essere presunta.
È proprio questo il significato della norma del codice civile quando stabilisce che «Se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una porzione del fondo attiguo, e il proprietario di questo non fa opposizione entro tre mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione, l’autorità giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, può attribuire al costruttore la proprietà dell’edificio e del suolo occupato. Il costruttore è tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata, oltre il risarcimento dei danni».
Che succede se si costruisce su un terreno di proprietà comune
Le regole sull’accessione che abbiamo appena visto operano solo nel caso di costruzione sul terreno di proprietà di una sola persona. Se invece la costruzione avviene su un fondo di proprietà comune a più persone si applicano le norme sulla comunione e quindi l’edificio entra subito in comproprietà.
Se il proprietario costruisce sul suo terreno con materiali altrui
Immaginiamo che una persona costruisca una casa con il cemento o con della legna di proprietà di un’altra persona. Che può fare quest’ultima per tutelarsi? Il proprietario dei materiali può chiedere, entro 6 mesi dal giorno in cui ha avuto notizia dell’incorporazione, che i materiali adoperati per la costruzione siano separati dal terreno, purché dalla separazione non derivi un grave danno all’opera. In alternativa alla separazione o se tale separazione può determinare un grave danno all’opera costruita, spetta al proprietario del terreno pagare il valore dei materiali altrui utilizzati.
Opere costruite da un terzo
Quando le opere sono edificate da un terzo usando materiali propri, il proprietario del terreno può optare per una di tali soluzioni:
- scegliere di mantenere tale costruzione pagando il valore dei materiali e il prezzo della mano d’opera o, in alternativa, pagamento l’aumento di valore ricevuto dal suo terreno in conseguenza di tale costruzione;
- obbligare il terzo a rimuoverle a proprie spese entro 6 mesi dal giorno in cui ha avuto notizia dell’incorporazione e chiedere il risarcimento del danno.
Il proprietario del terreno è obbligato alla prima opzione, ossia mantenere le opere rimborsando il terzo costruttore, se quest’ultimo ha agito in buona fede oppure se il proprietario del terreno era consapevole del fatto che il terzo stesse costruendo sul proprio terreno e ciò nonostante glielo ha lasciato tacitamente fare.
Opere costruite da un terzo con materiali altrui
Potrebbe infine succedere che un terzo costruisca sul terreno altrui usando materiali altrui. In tal caso, il proprietario dei materiali, se la separazione non provoca grave danno può, alternativamente:
- chiederne la separazione a spese del terzo entro 6 mesi dal giorno in cui ha avuto notizia dell’incorporazione;
- chiedere il pagamento di un’indennità pari al valore dei materiali al terzo che ne ha fatto uso e al proprietario del suolo che sia stato in mala fede;
Viceversa, se i materiali non si possono separare senza provocare un grave danno, può solo chiedere il pagamento di un’indennità pari al valore dei materiali al terzo che ne ha fatto uso e al proprietario del suolo in mala fede.
L’AUTORE: Redazione