L’amministratore di condominio che non convoca l’assemblea per andare in mediazione è responsabile personalmente?
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21 Marzo 2020Conto corrente. I soldi confluiti nel conto corrente del condominio non possono essere sottratti o confusi in alcun modo, pena la revoca dell’amministratore: è quanto ha stabilito la Riforma del condominio.
Secondo la nuova normativa, possono essere contestati non solo i prelievi, ma anche i bonifici verso il conto dell’amministratore o di altri condomini, nonché i versamenti in contanti.
Ciascuna di queste ipotesi, difatti, genera una confusione tra il patrimonio del condominio e quello dell’amministratore o di terzi, dando luogo alla possibilità di abusi: per questo motivo, l’amministratore che attua una confusione patrimoniale, anche a livello potenziale, è sempre revocabile, pur essendo in grado di giustificare le operazioni effettuate.
Quindi, le somme depositate sul conto corrente del condominio, secondo la normativa, sono al di fuori della disponibilità dei singoli condomini: queste, una volta confluite nel conto, sono sottoposte a un vincolo di destinazione, in quanto finalizzate a essere utilizzate nell’interesse comune, in base alle determinazioni dell’assemblea condominiale (Trib. Ascoli Piceno, sent. 26/11/2015).
La vicenda. La Corte di Appello confermava la sentenza del Tribunale che aveva condannato il ricorrente alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 100,00 di multa in relazione al reato di appropriazione indebita aggravato dall’abuso di prestazione d’opera, commesso quale amministratore di condominio ed in relazione alla somma di circa 5.800 euro prelevata dal conto corrente intestato al condominio medesimo.
Avverso tale pronuncia, il ricorrente ha proposto ricorso in cassazione eccependo la mancanza di prova in relazione ai prelievi effettuati dal ricorrente dal conto corrente del condominio.
Inoltre, la violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla individuazione del tempus commissi delicti in relazione all’arco temporale preso in considerazione dalla imputazione (ottobre 2006-dicembre 2010), con la conseguenza che, nel dubbio, i giudici avrebbero dovuto dichiarare l’intervenuta prescrizione del reato.
Il ragionamento della Cassazione. Quanto al primo motivo, secondo i giudici di legittimità, a seguito dell’istruttoria di causa era emersa l’assenza di causale per i prelievi del ricorrente pari a 5800 euro, non avendo, peraltro, fornito egli al suo successore nell’amministrazione del condominio alcuna giustificazione documentale, nemmeno fornita in corso di giudizio.
Dunque, l’insieme di questi elementi dava contezza della ragionevolezza del giudizio di condanna, essendosi il ricorrente limitato solo genericamente a lamentarsi di presunte omissioni nella valutazione di doglianze contenute nell’atto di appello, senza specificarne però nessuna.
Anche il secondo motivo era del tutto generico se posto al confronto con la motivazione della sentenza impugnata che ha individuato correttamente la data di decorrenza del reato dall’interversione del possesso avvenuta al momento della dismissione della carica (nel 2011), allorquando il ricorrente non aveva restituito al condominio quanto da lui indebitamente prelevato.
Di conseguenza, correttamente, la condotta è stata ritenuta commessa nel mese di dicembre del 2010; quindi, la prescrizione è maturata in data successiva alla sentenza impugnata, al primo di giugno 2018.
Del resto, giova ricordare che il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria (Cass. pen. sez. 2, n. 40870 del 20/06/2017.
Nella specie, la Corte ha ritenuto consumato il delitto di appropriazione indebita delle somme relative al condominio, introitate a seguito di rendiconti, da parte di colui che ne era stato amministratore, all’atto della cessazione della carica, momento in cui, in mancanza di restituzione dell’importo delle somme ricevute nel corso della gestione, si verifica con certezza l’interversione del possesso).
In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il ricorso è stato rigettato.
TABELLA RIEPILOGATIVA |
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OGGETTO DELLA PRONUNCIA |
APPROPRIAZIONE INDEBITA |
RIFERIMENTI NORMATIVI |
646 C.P. |
PROBLEMA |
A Tizio era stata contestata la responsabilità del delitto di appropriazione indebita con riferimento alle somme da lui prelevate dal conto corrente condominiale. |
LA SOLUZIONE |
Secondo la Cassazione, il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. |
LA MASSIMA |
Condannato a tre mesi di reclusione per appropriazione indebita l’amministratore che preleva soldi dal conto corrente del condominio senza una causale. La prescrizione del reato, peraltro, inizia a decorrere all’atto della cessazione della carica senza che sia avvenuta la restituzione delle somme. Cass. pen., sez. II, 17 giugno 2019, n. 26599 |