Nomina, revoca e legittimazione attiva e passiva dell’Amministratore di condominio
29 Febbraio 2020Condannato a tre mesi di reclusione per appropriazione indebita l’amministratore di condominio che preleva soldi dal conto corrente del condominio senza una causale.
14 Marzo 2020Sino ad oggi, ci è capitato frequentemente di leggere giurisprudenza su casi in cui il Condominio deliberava di non partecipare alla Mediazione, oppure in cui non riusciva a deliberare se partecipare o meno.
Ma, non avevamo ancora letto di un Amministratore che non convoca affatto l’Assemblea prevista dalla norma attuativa al Codice civile.
Il Tribunale di Monza ha avuto invece modo di confrontarsi con questa fattispecie: con la sentenza n. 1624 del 2 luglio 2019 il Giudice ha rigettato la richiesta, avanzata dal condòmino che impugnava una delibera, di condannare il Condominio al pagamento di una somma pari all’importo del contributo unificato per la causa, ai sensi dell’art. 8, comma 4 bis del D. Lgs. 04 marzo 2010, n. 28 s.m.i. (il testo che ha introdotto la Mediazione in Italia), ritenendo che, nella fattispecie concreta, nessun rimprovero potesse essere mosso ALL’ENTE DI GESTIONE in quanto tale, atteso che costui nemmeno aveva potuto esprimersi sulla partecipazione, perché il suo ORGANO RAPPRESENTATIVO, l’Amministratore, aveva omesso di convocarlo in Assemblea.
Secondo il Giudice lombardo, è l’Amministratore ad essere – eventualmente – imputabile per responsabilità professionale, non avendo egli provveduto ad un atto dovuto verso il proprio mandante (il Condominio) e obbligatorio per legge, ai sensi dell’art. 1131, 4° comma, c.c.
Vedremo allora e nuovamente come l’Amministratore diligente debba comportarsi dinnanzi alla ricezione di una lettera di convocazione all’incontro di Mediazione.
Il fatto. Un condòmino impugna una delibera assembleare adottata dal proprio Condominio e ne chiede, previa sospensione della provvisoria esecutività, l’annullamento, con condanna del Condominio alla somma di cui all’art. 8, comma 4 bis del D. Lgs. n. 28/2010 e delle spese legali della Mediazione e del giudizio.
In particolare, il condòmino attore lamenta le seguenti mancanze:
- l’Amministratore, nonostante la regolare ricezione della convocazione in Mediazione prima (e della notifica dell’atto di citazione poi) ha omesso di convocare l’Assemblea ai sensi dell’art. 71 quater disp. att. c.c. e, secondo la difesa del condòmino, ciò integrerebbe sia il comportamento previsto dall’art. 8, comma 4 bis del D. Lgs. n. 28/2010, cioè la mancata partecipazione alla Mediazione senza giustificato motivo, punita dalla norma citata con la condanna al pagamento di una somma di denaro pari al contributo unificato, sia la condotta che legittima il Giudice, ai sensi dell’art. 116, 2° comma, c.p.c., a desumere dal comportamento delle parti degli argomenti di prova;
- il verbale recante la delibera assembleare impugnata contiene inesattezze, quali:
- indicazione di un condòmino presente, senza specificazione se la presenza sia personale o per delega;
- assunzione della delibera con un numero di millesimi inferiore a quello previsto per legge;
- ancora erroneità nel riporto dei millesimi votanti in altri punti del verbale;
- errato riparto della spesa afferente il terrazzo di un solo condòmino su tutti gli altri, anzichè in virtù dell’art. 1126 c.c.;
- errato riparto della spesa afferente la rimozione del cemento dalla sede del citofono a carico di tutti i condòmini, atteso che si trattava di spesa resasi necessaria causa la cattiva esecuzione di un lavoro commissionato da un singolo condòmino;
- errato riparto della spesa afferente le targhette dei citofoni su tutti i condòmini, anziché solamente su quelli interessati dall’intervento;
- errato riparto della spesa afferente il gradino del terrazzo di un condòmino a carico di tutti, anziché solamente al condòmino beneficiario della riparazione;
- errato riparto della spesa afferente l’elargizione di una certa somma ad una ONLUS a carico di tutti i condòmini anziché dei soli condòmini favorevoli a tale spesa;
- errato riparto della spesa per acqua potabile, che avrebbe dovuto, secondo l’attore, venire ripartita per nucleo familiare di 3 e 5 persone;
- errato riparto delle spese di riscaldamento, per aver escluso i proprietari dei box dal pagamento del costo del combustibile e della forza motrice, mentre gli stessi vengono inclusi in spese quali il consumo di combustibile dell’alloggio portiere, della saletta e dell’androne condominiale,
- chiedendo, per quanto esposto, l’annullamento della delibera e il ristoro delle spese legali, non solo relative al giudizio, bensì anche alla fase stragiudiziale precedente.
Il Condominio rimane contumace.
Il Tribunale, rigettando l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività della delibera impugnata, dispone la concessione dei termini istruttori, ma, poiché il condòmino attore non fa richiesta di espletamento di mezzi istruttori, la causa viene direttamente trattenuta in decisione allo scadere dei termini concessi.
La decisione. Il Tribunale, con la sentenza in commento:
- RIGETTA la richiesta di condanna del Condominio al pagamento della somma pari al contributo unificato previsto per la causa, ai sensi dell’art. 8, comma 4 bis D. Lgs. n. 28/2010, nonché delle spese legali giudiziali e di Mediazione: secondo il Giudice lombardo, il ‘mancato giustificato motivo’ per non partecipare alla Mediazione, così come la condotta da cui desumere gli ‘argomenti di prova’, devono essere imputabili alla parte che ne trae danno – nel caso di specie, il Condominio – mentre nella fattispecie concreta, essi erano imputabili all’Amministratore quale organo del Condominio;
- RIGETTA la richiesta di annullamento della delibera per le INESATTEZZE, posta l’assoluta irrilevanza di quanto eccepito ai fini della validità della delibera impugnata;
- RIGETTA la richiesta di annullamento per violazione del criterio legale di riparto di cui all’art. 1126 c.c., posto che la difesa del condòmino attore non aveva dimostrato la natura di lastrico solare esclusivo del terrazzo del condòmino di cui si imputava la spesa a tutti, così di fatto rendendo impossibile l’accertamento nel merito da parte del Giudice;
- RIGETTA la richiesta di annullamento per violazione del criterio legale di riparto di cui all’art. 1123, c.c., relativo alla rimozione cemento dalle cassette postali, atteso che, difettando peraltro la prova da parte del condòmino attore circa il nesso di causalità tra il danno prodottosi dalla colatura di cemento e le opere edili richieste da altro condòmino ed afferenti la sua proprietà privata, il Giudice ritiene che non si possa attribuire una spesa partendo da ciò che l’ha cagionata, ma avendo riguardo a quali beni o servizi comuni sono interessati dalla stessa – nel caso di specie, le cassette postali, bene comune a tutti i condòmini;
- ACCOGLIE la richiesta di annullamento per violazione del criterio legale di riparto di cui all’art. 1123 c.c.,relativa alla spesa per le targhette dei citofoni, rilevando che in questo caso, pure a fronte delle scarse e scarne prove offerte dal condòmino attore, è possibile dedurre, confrontando la voce di spesa ed il bilancio approvato, che si sia trattato di operazione svolta non per tutti i condòmini, ma solo per alcuni di essi;
- RIGETTA la richiesta di annullamento per violazione del criterio legale di riparto di cui all’art. 1123 c.c., relativa alla riparazione del gradino del terrazzo di un altro condòmino, sulla scorta della medesima argomentazione vista relativamente alle spese per il terrazzo, posto che vi è assoluta carenza probatoria della natura del terrazzo del cui gradino si tratta come delle ragioni che hanno portato a doverlo riparare;
- ACCOGLIE la richiesta di annullamento per violazione del criterio legale di riparto di cui all’art. 1123 c.c.,relativa alla spesa per l’elargizione di una somma ad una ONLUS, poiché effettivamente non risulta che detta somma fosse inerente la gestione condominiale, pertanto andava imputata ai soli votanti favorevoli;
- RIGETTA la richiesta di annullamento per violazione del criterio legale di riparto di cui all’art. 1123 c.c.,relativa alla spesa per acqua potabile: mentre il condòmino attore sosteneva che la spesa andasse ripartita ad personam e per nuclei familiari e che erano presenti nuclei di 3 o 5 persone; il Giudice rileva ancora una volta l’assenza di prova sul punto, atteso che il condòmino attore non ha fornito la prova della consistenza dei nuclei familiari pure affermata, limitandosi a produrre, peraltro fuori termine, documenti relativi ad un periodo gestorio differente rispetto a quello impugnato;
- RIGETTA la richiesta di annullamento per violazione del criterio legale di riparto di cui all’art. 1123 c.c.,relativa alla esclusione dei box dalla spesa per il servizio di riscaldamento (in particolare, consumo combustibile e forza motrice); secondo il Giudice, la delibera non è viziata da erroneità perché chiede ai proprietari dei box di pagare il riscaldamento del locale portiere, dell’androne e della saletta condominiali, atteso che i suddetti locali sono beni comuni, mentre i box sono proprietà private che non usufruiscono del servizio comune di riscaldamento.
Abbiamo visto quindi come il Giudice, nel caso concreto, non abbia rigettato la maggior parte delle richieste attoree perché infondate, bensì perché scarsamente provate o assolutamente non provate in corso di giudizio.
Rapporto di mandato tra Amministratore e Condominio: less is more. Sappiamo come, nel condominio di edifici, la gestione dei beni e servizi comuni sia condivisa tra l’Amministratore e l’Assemblea.
Infatti, l’art. 1130 c.c. ci dà conto di quanto spetti all’Amministratore: 1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea; 2) convocarla annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale di cui all’art. 1130 bis; 3) curare l’osservanza del regolamento di condominio; 4) disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; 5) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni; 6) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio; 7) eseguire gli adempimenti fiscali; 8) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale; 9) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità; 10) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio; 11) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso; 12) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.
Oltre a quanto previsto dall’art. 1130 c.c., ci sovviene, in tema di rappresentanza processuale, anche l’art. 1131 c.c., norma chiave per la vicenda che stiamo esaminando, laddove è previsto che: <<Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.
Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.>>
Per espresso richiamo operato dall’art. 1130 c.c., alcuni compiti spettanti all’Amministratore si trovano disciplinati anche nell’art.1129 c.c. e in altre norme di legge, ma l’art. 1130 c.c. è da considerare come la disposizione che traccia il perimetro dei poteri dell’Amministratore, specialmente quando pensiamo tale fattispecie in relazione ai contrapposti poteri dell’Assemblea.
Vediamo allora cosa spetta in via esclusiva all’Assemblea: l’art. 1135 c.c. prevede che essa debba deliberare su:
- conferma dell’amministratore ed eventuale sua retribuzione;
- approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e relativa ripartizione tra i condomini;
- approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e impiego del residuo attivo della gestione;
- opere di manutenzione straordinaria e innovazioni.
Cosa significa, a ben vedere, che l’Amministratore ha POTERE sulla gestione di beni e servizi comuni – seppure, sia ben inteso, limitatamente alle sue attribuzioni ex artt. 1129, 1130 e 1131 c.c.? Significa che l’Amministratore, nei suddetti ambiti, può agire e decidere autonomamente, senza preventivo placet assembleare, anche spendendo il denaro comune, atteso che il suo dovere di <<riscuotere i contributi>>, unito al dovere di <<eseguire le delibere>> e <<redigere il rendiconto>> ci fa intuire che egli debba curare la compilazione dell’elenco delle somme occorrenti – od occorse – alla gestione allo scopo di poter poi eseguire le delibere, senza trovarsi impossibilitato a farlo perché gli difettino i fondi necessari.
In poche parole, l’Amministratore deve porre particolare attenzione alla preparazione del preventivo o del rendiconto annuali, mettendo in conto tutte quelle spese che gli occorrerà eseguire allo scopo di poter pagare le forniture del Condominio.
Ad avviso di chi scrive, dovrebbe ritenersi ovvia l’istituzione di un fondo – cassa annuale, denominato <<Riscossione morosità e liti>>, in cui includere una somma forfetaria, in modo tale che, qualora l’Amministratore si trovi, in corso d’anno, a dover agire nei confronti dei morosi oppure a dover sostenere spese legali inerenti le proprie attribuzioni, possa anche disporre di una cassa apposita per pagare detti servizi.
D’altronde, egli è tenuto a riscuotere i contributi ed agire verso i morosi; egli è anche tenuto a ‘difendere le delibere assembleari’ dalle impugnative portate contro di esse, senza necessità di preventiva approvazione della lite passiva da parte dell’Assemblea; egli è infine tenuto a compiere gli atti conservativi di beni e servizi comuni, sempre in via autonoma ed indipendente.
Sappiamo però che, per buon senso, un ‘ministro senza portafoglio’ riduce la propria attività a ben poco, se non ha i mezzi per trasformare le intenzioni in fatti concreti.
Da ultimo, la Cassazione ci ha ricordato che: <<In tema di condominio negli edifici, l’amministratore di un condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che non esorbitano dalle sue attribuzioni, agli effetti dell’art. 1131, commi 2 e 3, cod. civ. – quale, nella specie, la resistenza all’impugnazione di una delibera proposta da un condomino – non ha bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini, ed un’eventuale delibera sul punto avrebbe il significato di mero assenso alla scelta già validamente effettuata dall’amministratore.>> (Cassaz., Sez. II, ordinanza 14 maggio 2019, n. 12806).
Tornando al significato del potere dell’Amministratore, quanto sopra significa che, nelle materie oggetto del suo ambito operativo, egli potrà spendere il denaro comune, essendo unicamente tenuto a renderne il conto, ma l’Assemblea non potrà rifiutare o deliberare di non corrispondere le spese da costui eseguite.
Ciò si deduce dalla regolazione delle spese straordinarie ed urgenti, laddove l’Amministratore, al ricorrere di quei due presupposti – straordinarietà ed urgenza – può spendere autonomamente, purchè ne riferisca alla prima Assemblea, rendendo cioè il conto della spesa.
Ma significa anche che l’Assemblea, al ricorrere dei caratteri di straordinarietà ed urgenza, non potrà deliberare di non approvare le spese eseguite dall’Amministratore.
Veniamo adesso ad esaminare, in maggiore dettaglio, l’art. 1131 c.c., concernente la rappresentanza processuale del Condominio da parte dell’Amministratore, ovvero la facoltà di quest’ultimo di conferire mandato ad un legale (o agire in via autonoma, laddove consentito) per l’azione o la difesa in un giudizio.
Ovviamente, il Condominio può trovarsi a dover ATTIVARE un giudizio oppure DIFENDERSI in un giudizio e la legge differenzia le due ipotesi, che chiama rispettivamente LITE ATTIVA e LITE PASSIVA.
Come notava opportunamente TERZAGO, i poteri dell’Amministratore rispetto alla lite attiva – rectius, alla sua rappresentanza processuale nella lite attiva – sono sottoposti agli stessi limiti dei poteri ‘sostanziali’, ovvero quelli disciplinati agli artt. 1129 – 1131 c.c.
Ciò significa che, quando l’Amministratore intenda avviare un’azione giudiziaria in nome e per conto del Condominio, egli potrà farlo unicamente se si mantiene dentro il perimetro tracciato dagli artt. 1129 – 1130 e 1131 c.c. – oppure nel maggiore perimetro conferito dal Regolamento.
Invece, la rappresentanza nella lite passiva, cioè la lite attivata da un condòmino o da terzi verso il Condominio, è ILLIMITATA, sempre nelle parole del TERZAGO, per tutte quelle cause che:
1) attengano a beni e servizi comuni, e/o
2) siano proposte contro il Condominio.
Forse, una sintesi descrittiva potrà aiutarci a capire meglio: in verde, abbiamo indicato le ipotesi di azione/difesa ‘autonoma’, in rosso i casi di azione/difesa ‘autorizzata’.
LITE ATTIVA = Condominio VS condòmino = Condominio VS terzi |
Amministratore può agire autonomamente |
NEI LIMITI § dell’art. 1130 c.c. § del Regolamento (se maggiori) |
Gestione contabile Rendiconto / Preventivo = l’Amministratore rende il conto all’Assemblea |
LITE PASSIVA = condòmino VS Condominio = terzi VS Condominio |
Amministratore DEVE difendere il Condominio |
NEI LIMITI delle azioni il cui oggetto siano le PARTI COMUNI |
Gestione contabile Rendiconto / preventivo = l’Amministratore rende il conto all’Assemblea |
LITE ATTIVA = Condominio VS condòmino = Condominio VS terzi |
art. 1135 c.c. o altre norme = Assemblea AUTORIZZA l’Amministratore a rappresentare il Condominio e ad attivare la causa |
NEI LIMITI del deliberato assembleare (INTERNO= limite al potere dell’Amministratore rispetto a quanto delegato dall’Assemblea) della salvaguardia della proprietà comune (ESTERNO = limite al diritto del Condominio nei confronti del condòmino o dei terzi) |
Gestione contabile Delibera di autorizzazione =l’Assemblea autorizza l’Amministratore Delibera di approvazione della spesa e riparto = l’Assemblea delibera di affrontare una spesa quantificata e ne approva il riparto Rendiconto (consuntivo della spesa finale) = l’Assemblea ratifica l’eventuale surplus di spesa |
LITE PASSIVA = condòmino VS Condominio = terzi VS Condominio |
art. 1135 c.c. o altre norme l’Amministratore DEVE ricevere la notifica di atti e provvedimenti (anche amministrativi) ANCHE SE NON CONCERNONO PARTI COMUNI |
NEI LIMITI DEVE RIFERIRE ALL’ASSEMBLEA e non può agire in alcun modo senza la preventiva autorizzazione (perché la decisione sulla DIFESA IN GIUDIZIO O MENO spetta unicamente all’Assemblea) |
Gestione contabile idem come per lite attiva |
Dobbiamo evidenziare subito che, rispetto alla lite passiva – ciò che qui ci interessa – l’obbligo di RIFERIRE ALLA PRIMA ASSEMBLEA è di carattere interno, vale a dire rileva nel rapporto tra il mandante (il Condominio) ed il suo mandatario (l’Amministratore), ma non nei confronti del condòmino o del terzo che hanno promosso l’azione e che devono avere la certezza di poter convocare in giudizio il Condominio, nella persona del suo legale rappresentante.
E qui ci permettiamo di rilevare una certa incongruenza che rende il lavoro dell’Amministratore ancora – se possibile – più intricato e difficile.
Infatti, abbiamo detto sopra e in tabella riepilogativa, l’Amministratore deve RIFERIRE alla prima Assemblea la notifica di atti e provvedimenti CHE ESORBITINO DALLE SUE ATTRIBUZIONI, ma non c’è una norma che affermi che egli DEBBA CONVOCARNE UNA AD HOC: inoltre, scrivere che egli deve <<riferire>> farebbe intendere che, per il conferimento del mandato al legale, in tali casi, occorra un preventivo placet assembleare.
Quindi, come deve comportarsi l’Amministratore? Anche a mente della sentenza della Corte di cassazione riportata sopra, deduciamo, argomentando a contrario, che, se per le sue attribuzioni ordinarie – come, in quel caso, la difesa di una delibera in sede di impugnativa – egli può conferire mandato al legale e compiere tutte quelle attività pre ed endoprocessuali caratteristiche della difesa, quando la lite passiva riguardi materia a lui non attribuita, bensì all’Assemblea, solamente quest’ultima potrà decidere, deliberando, se resistere in giudizio oppure rimanere contumace e, pertanto, in ultima analisi, quale legale scegliere, nel primo caso.
Non solo: in altra materia, quella dell’onere di rendiconto, un bell’articolo della collega Giuliana Bartiromo commentava una pronuncia della Corte d’Appello di Napoli, confermata in Cassazione, dove si è ritenuto che <<le delibere di approvazione tardiva dei rendiconti, adottate nelle more del procedimento di revoca, non valgono a sanare l’inadempimento dell’amministratore che ha tra i suoi precipui compiti, quello di rendere il conto della sua gestione.
Pertanto, neppure la volontà sovrana dell’assemblea di approvare i rendiconti non presentati negli anni pregressi può salvare l’amministratore dalla revoca giudiziale proposta da uno dei condòmini e dal mancato adempimento della convocazione dell’assemblea ordinaria.
Tra l’altro, specificava appunto [la Corte], che l’amministratore revocato giudizialmente non può essere nominato di nuovo dall’assemblea.>> (articolo Avv.
Mutatis mutandis, questo tipo di ragionamento potrebbe essere applicato anche all’inadempimento dell’obbligo di riferire in Assemblea delle liti passive notificate all’Amministratore?
La giurisprudenza, specialmente di merito, ha ‘risolto’ questo problema in modo pragmatico: ovvero, richiedendo, in virtù dei poteri di direzione del processo riconosciuti dalla legge al Giudice, che il Condominio che si costituisce in giudizio, difeso dal legale firmatario dell’atto, produca, all’occasione immediatamente successiva (udienza, termine assegnato, etc.), la delibera di autorizzazione alla costituzione.
Pertanto, l’Amministratore INTANTO conferisce mandato al legale e si costituisce in giudizio in nome e per conto del Condominio, PER POI andare alla prima Assemblea con la richiesta di RATIFICA del proprio operato.
Ci si permette sommessamente di notare che la legittimazione passiva significa unicamente che i terzi, come il condòmino, hanno il buon diritto di notificare atti e provvedimenti al Condominio PRESSO L’AMMINISTRATORE PRO TEMPORE, NON invece che costui ha diritto di costituirsi in giudizio.
Il potere dispositivo del diritto processuale di difesa dovrebbe spettare alla parte; nei casi in cui, come quello di cui stiamo parlando, il giudizio riguardi una sfera di competenza assembleare, lo si ripete, solamente l’Assemblea dovrebbe decidere se partecipare o meno alla causa.
L’art. 1131, 4° comma, c.c., ci ricorda poi che l’Amministratore che omette di riferire PUO’ essere revocato: ecco allora la nostra risposta al quesito che ci ponevamo sopra circa la revoca by default e non ‘sanabile’ dell’Amministratore.
Nel caso di lite passiva ed omesso ‘riferimento’, a nostro avviso, l’Amministratore può essere revocato se così decide l’Assemblea.
Ovviamente, il condòmino potrà ricorrere all’Autorità Giudiziaria, ma, per ottenere la revoca, non dovrebbe bastare il semplice fatto dell’omissione, bensì si dovrebbe indagare anche il ‘danno’ creato.
Infatti, prosegue il 4° comma dell’art. 1131 c.c., l’Amministratore che omette di riferire la lite passiva alla prima Assemblea, è tenuto al risarcimento del danno.
Quale danno? Sul punto, ci viene in soccorso la dottrina, che ha speso parole sapienti in materia: il SALIS, sempre citato dal TERZAGO, ragionava su come i proprietari (cioè i condòmini) potrebbero ricevere un danno qualora l’Amministratore, non riferendo loro della controversia attivata verso il Condominio (e sempre in materia esorbitante dai suoi poteri, rammentiamolo), decidesse autonomamente se costituirsi o meno in causa, così sottraendo il legittimo diritto di decidere all’Assemblea e determinando, per effetto delle regole che governano il contratto di mandato, la produzione degli effetti eventualmente negativi della pronuncia finale del giudizio in capo ai singoli condòmini, così obbligandoli verso il condòmino o i terzi attori del giudizio.
In altre parole, poiché tutto ciò che il mandatario compie si produce automaticamente nella sfera giuridica del mandante, se l’Amministratore conferisce mandato al legale e determina la partecipazione del Condominio che rappresenta ad un giudizio (oppure, all’opposto, decide che sia meglio se il Condominio rimane contumace), ne determina altrettanto la sottoposizione alle decisioni adottate dal Giudice, tra le quali le spese legali e l’eventuale condanna del Condominio ad un dare, pati, facere o non facere a favore degli attori.
Come quantificare il danno, è tutt’altra storia: il BRANCA, ancora citato dal TERZAGO, sosteneva che non fosse sufficiente dimostrare che la lite avrebbe avuto esito negativo (soccombenza del Condominio) anche in caso di intervento di altro rappresentante, perché <<il giudizio importa maggiori spese di quelle che si sopportano soddisfacendo volontariamente la pretesa dell’attore.>>
E continua il BRANCA sostenendo che questi oneri ‘differenziali’ (le spese di lite) saranno sempre a carico dell’Amministratore <<se egli non ha avvisato l’Assemblea del Condominio, salva la prova, da parte di lui, che, anche avendone notizia, l’Assemblea avrebbe deciso ugualmente di resistere (prova assai difficile).>> Altrettanto dicasi per il ritardo nel riferire, tale per cui la decisione dell’Assemblea sia stata in certo senso ‘precipitosa’ o addirittura inutile, per lo stato delle cose.
Ovviamente – ancora il BRANCA – se l’Amministratore non solo non ha riferito, ma si è anche comportato in giudizio in un modo tale da comprometterne il risultato, dovrà sostenere l’intero costo della lite.
Quanto alla giurisprudenza, una sentenza della Cassazione in merito, la n. 2259 del 02 marzo 1998, citata dal TERZAGO, sottolineava che, laddove si debba quantificare il danno (o anche valutarne la presenza, l’an), si potrebbe verificare se il Condominio avrebbe potuto soccombere in ogni caso, a fronte della evidenza ed esattezza delle domande vantate.
Ma allora, nel caso esaminato dal Tribunale di Monza, l’Amministratore ha fatto bene a non riferire della Mediazione e a non costituirsi in giudizio?
“C’è del metodo in questa … contumacia“ Polonio, ministro della corte, durante la tragedia shakespeariana ‘Amleto‘, osserva, a proposito del protagonista, <<C’è del metodo in questa follia>> (“Though this be madness, yet there is method in ‘t.—”), intendendo con ciò dire che il comportamento del principe danese, apparentemente inspiegabile e da folle, cela in realtà una STRATEGIA.
Ebbene, la figura della contumacia, che ai più richiama procedimenti penali, sbarre, inseguimenti roccamboleschi e un senso di imbarazzo e disagio, è invece spiegata e risolta, nel diritto processuale civile, proprio come l’apparente follia di Amleto: una TATTICA processuale.
Chi esercita la professione forense potrebbe trovarsi a dover consigliare il proprio assistito di non prendere parte ad un giudizio, di rimanere, appunto, contumace; e questo non solamente nel caso in cui, da un sommario esame della vicenda, appaia immediatamente evidente che l’assistito ha pienamente ragione e che ciò è talmente evidente, anche solo osservando la documentazione prodotta dall’attore, che il Giudice, esaminata la stessa, respingerà la domanda, per cui non è nemmeno il caso di perderci tempo.
Anche in casi in cui l’assistito abbia palesemente torto, la contumacia potrebbe essere una strategia processuale valida per risparmiare i costi di lite, dato che nel processo non si potrebbe svolgere una difesa convincente e che ribalti l’esito finale.
Nel caso in esame, allora, cosa è accaduto? Alla fine, si potrà osservare, per il Condominio è stato meglio non prendere parte alla Mediazione e, in seguito, rimanere contumace; non ha speso nulla ed aveva anche, sostanzialmente, ragione.
Tralaltro, pensiamo che l’Amministratore non subirà conseguenza alcuna, posto che nessuna somma ha dovuto sostenere il Condominio a favore del condòmino attore – sempre che non si acceda alla tesi per cui l’Amministratore è revocabile per il solo fatto di non aver riferito della lite all’Assemblea, ma di ciò si occuperà eventualmente il condòmino attore e soccombente, proponendo ricorso per la revoca.
Vogliamo allora immaginare, essendo inguaribili ottimisti, che l’Amministratore del Condominio di cui si tratta, essendo stato istruito, durante il corso di formazione di base o altri percorsi di aggiornamento, abbia eseguito un’attenta valutazione della propria migliore alternativa all’accordo negoziato , tecnica negoziale che viene insegnata nei corsi di formazione sul negoziato e sulla mediazione, i quali, a loro volta, sono anche materia obbligatoria dei corsi di formazione per gli Amministratori, ai sensi del D.M. 140/2014.
Vogliamo pensare che l’Amministratore, avendo anticipato che le doglianze del condòmino (ammesso che egli le avesse espresse in sede di domanda di mediazione) fossero per lo più infondate – come poi osservato dal Giudice – abbia consapevolmente ed intenzionalmente deciso di non sedersi al tavolo di Mediazione né di costituirsi in giudizio.
Perché al tavolo di Mediazione , l’Amministratore, anticipando la sentenza del Giudice, avrebbe potuto offrire solamente la restituzione delle somme poi dichiarate come non dovute … però avrebbe dovuto corrispondere le indennità di Mediazione, così facendo spendere al Condominio una somma maggiore di quella che questo ha speso non partecipando alla Mediazione.
Perché in giudizio , avrebbe dovuto costituirsi nominando un legale, con incertezza, anche in caso di vittoria, circa l’esito della pronuncia sulle spese (spesso compensate) e comunque dovendole anticipare a carico del Condominio.
Sappiamo, però, che i lettori pessimisti leggeranno la vicenda dando per scontato che l’Amministratore non abbia fatto il suo lavoro: questo non lo possiamo, comunque, sapere, non conoscendo i fatti per come si sono realmente svolti.
Possiamo solamente limitarci, ancora una volta, ad affermare che la Mediazione è un istituto che viene osteggiato per partito preso da alcuni e da altri venerato ad occhi chiusi, mentre pochi ne comprendono – almeno sino ad oggi – le reali potenzialità e il corretto modo di utilizzo, che dovrebbero condurre, a volte, in determinati casi, a scegliere altre strade, però in modo intenzionale ed a valle di valutazioni oggettive, non del pregiudizio o della paura.