Abusi edilizi: la richiesta del condono non blocca i lavori
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Il proprietario di uno degli appartamenti del piano terra ben può abbattere una parte del muro che fa parte della facciata dell’edificio condominiale per aprire un nuovo ingresso al proprio immobile. Ciò, però, solo a condizione che l’apertura del varco non pregiudichi la stabilità e l’estetica della facciata del palazzo. È quanto chiarito recentemente dalla Cassazione.
Per comprendere l’importanza del principio facciamo un esempio. Immaginiamo il proprietario di un vano sito al piano terra di un palazzo che, senza dire nulla agli altri condomini e senza chiedere l’autorizzazione all’assemblea, allarghi una porta finestra di ingresso al fine di realizzare un’autorimessa privata.
Gli altri proprietari del condominio gli contestano il comportamento, lamentando l’ingiusta appropriazione di un bene condominiale e la lesione del decoro architettonico dello stabile. Lui invece ribatte sostenendo che quella parte di muro corrisponde al proprio appartamento e che, pertanto, può farne quello che vuole. Chi dei due ha ragione?
Secondo la Suprema Corte, il proprietario di un appartamento posto al piano terra non deve rimuovere la finestra trasformata in passo carraio se l’opera non pregiudica la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio condominiale. Si tratta infatti di un diritto che gli è concesso dalla legge perché corrisponde a un uso più intenso della cosa comune, uso che peraltro non pregiudica gli altri condomini. L’apertura di varchi in un muro che rientra tra le parti comuni per creare un nuovo accesso all’immobile non integra, in linea di massima, un abuso. Ciò significa che non c’è neanche bisogno del consenso dell’assemblea, salvo la necessaria comunicazione preventiva all’amministratore di condominio, il quale, a sua volta, deve riferirlo all’assemblea alla prima riunione utile.
In ogni caso, deve risultare che l’abbattimento del muro comune non pregiudichi né l’estetica del palazzo, né costituisca un pericolo per la stabilità del palazzo.
I supremi giudici ricordano che «l’apertura di varchi e l’installazione di porte o cancellate in un muro ricadente fra le parti comuni dell’edificio condominiale, eseguite da uno dei condomini per creare un nuovo ingresso all’unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, non integrano, di massima, abuso della cosa comune suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini, non comportando una qualche impossibilità di far parimenti uso del muro stesso». È del tutto irrilevante la circostanza che tale opera avvenga non perché strettamente necessaria (al fine magari di ovviare ad un’interclusione dell’unità immobiliare), ma all’intento di conseguire una più comoda fruizione di tale unità immobiliare da parte del suo proprietario.
Secondo la Cassazione, in sostanza, all’interno di un condominio, il proprietario di un appartamento è libero di utilizzare il muro comune, nella parte corrispondente al suo immobile, ma a condizione che l’esercizio di tale facoltà non pregiudichi la stabilità e il decoro architettonico del fabbricato. Dunque, a maggior ragione il semplice allargamento di una porta o di una preesistente finestra comporta solo un uso più intenso della cosa comune, senza con questo alterare il rapporto di equilibrio con gli altri comproprietari.